È DIVENTATA LEGGE L’OBBLIGATORIETA’ DEL GREEN PASS NEL MONDO DEL LAVORO

È ufficiale: il 20 novembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 19 novembre 2021 n. 165 con cui la Camera ha approvato in via definitiva il Disegno di Conversione in Legge del D.L. 127/2021 recante “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening”.
Facendo un “passo indietro”, come è noto ai più, il D.L. n.127/2021 ha certamente fatto discutere dal momento che ha reso obbligatorio per tutti coloro che prestano la propria attività, nel settore pubblico ma anche in quello privato, di dotarsi di green pass per poter lavorare dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021 (termine attualmente fissato di cessazione dello stato di emergenza sanitaria, salvo ulteriori proroghe) sottoponendo così i lavoratori a verifiche quotidiane e/o periodiche a campione da parte di datori di lavoro o loro delegati, circa il possesso della certificazione verde. In mancanza di possesso del green pass al lavoratore è fatto divieto di accedere al luogo di lavoro con conseguenti ripercussioni in termini di retribuzione, ma con conservazione del rapporto di lavoro. L’impianto normativo effettivamente, come strutturato, potrebbe risultare in contrasto con l’art. 1 della Costituzione, dal momento che, come noto, “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Pertanto, oltre al profilo di legittimità costituzionale del Decreto-legge ed al netto delle delicate questioni di coordinamento di tale disciplina con quella relativa al trattamento dei dati personali, sono molteplici anche le zone oscure e le incertezze che ne sono derivate sotto il profilo della concreta applicabilità delle disposizioni ivi riportate, soprattutto nel settore privato. Nel settore pubblico, infatti, poco prima della sua entrata in vigore è stato emanato un D.P.C.M. del 12.10.21 che ha fornito alcune delucidazioni, soprattutto sulla figura del datore di lavoro.
Tanti quindi gli interrogativi che si sono susseguiti dopo l’emanazione del D.L. 127/2021 sotto un profilo puramente pratico e molti ancora i nodi interpretativi da sciogliere.
Nel settore privato, per esempio, non è stata emanata alcuna linea guida in merito all’individuazione di colui che, ai sensi dell’art.9 septies c.4, sarebbe obbligato a svolgere le sopracitate operazioni di verifica, le quali, giusta il disposto dell’art.9 septies c.1 e 2, devono essere peraltro svolte nei confronti di “chi svolge la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro privati, anche sulla base di contratti esterni”. Nulla quaestio, probabilmente, per quanto attiene alle aziende, in cui il titolare (o l’Amministratore delegato o il legale rappresentante) viene onerato di svolgere i sopracitati controlli nei confronti di coloro che svolgono attività lavorativa (dipendenti, tirocinanti, volontari, fornitori ecc.) nell’azienda medesima; tuttavia, esistono alcuni casi in cui non è agevole individuare il cd. “datore di lavoro”.
Ciò premesso, vediamo cosa cambia oggi con l’entrata in vigore della legge 165/2021.
Purtroppo, premettiamo sin da ora, che i dubbi interpretativi sopra evidenziati che sono scaturiti con il D.L. n.127/2021 permangono e non sono stati risolti.
La disposizione della Legge di conversione che maggiormente può far discutere, è senz’altro quella introdotta dall’art.1, comma 5, nell’ambito del settore pubblico, ma che viene poi replicata anche nell’ambito lavorativo privato (si veda l’art.3 comma 5), laddove prevede la possibilità, al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche (del possesso del green pass, n.d.r.) per i lavoratori “richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro”.
Questa disposizione se, da un lato, può sembrare agevolare i controlli del possesso del green pass, rendendoli appunto più veloci e snelli, dall’altro lato può creare perplessità sull’impatto che una simile misura può avere in materia di trattamento dei dati personali.
La norma in commento presenta delle perplessità tali che è stata proprio la stessa Autorità Garante per la protezione dei dati personali che in data 11 novembre 2021 (in epoca quindi anteriore alla pubblicazione della Legge 165/2021) ha inviato una segnalazione al Parlamento ed al Governo con cui ha messo in luce alcune criticità che possono scaturire dalla consegna del green pass al Datore di lavoro.
In particolare l’Autority, con la propria segnalazione, ha fatto leva su come l’esenzione dei controlli per tutti coloro che volontariamente consegnano al datore di lavoro la propria certificazione, rischia di fatto di eludere la ratio di tutto l’impianto normativo a cui è improntato il sistema del green pass che è appunto quello di tutela della sanità pubblica.
In particolare, il Garante ha voluto sottolineare il fatto che il green pass “è efficace a fini epidemiologici nella misura in cui il certificato sia soggetto a verifiche periodiche sulla sua persistente validità; ciò che è reso possibile dal costante aggiornamento, mediante la piattaforma nazionale DGC, dei certificati in base alle risultanze diagnostiche eventualmente sopravvenute.
L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, di contro, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato, in contrasto, peraltro, con il principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali (art. 5, par.1, lett. d) Reg. Ue 2016/679)”.
Tuttavia per quanto questa ed altre eccezioni che sono state sollevate dall’Autority sono assolutamente sostenibili, è altresì vero che è stato lo stesso Garante a ravvisare comunque dei profili di legittimità della disposizione tanto da sostenere che la raccolta e la conservazione dei certificati dei lavoratori richieda da parte del datore di lavoro l’adozione di misure tecniche ed organizzative ad hoc che siano adeguate al rischio che ne consegue in caso di trattamento di quel determinato dato.
Cambiando poi argomento, degna di nota è anche la disposizione che è stata introdotta al comma 4, dell’art.3, con riferimento ai lavoratori in somministrazione laddove si sancisce che gli obblighi di verifica del possesso del green pass spettano all’utilizzatore, mentre è onere del somministratore informare i lavoratori sulla sussistenza delle predette prescrizioni.
La legge di conversione poi con altre nuove disposizioni, è intervenuta nuovamente nel settore privato. Per esempio al comma 7 dell’art.3 viene introdotta la possibilità nelle aziende con meno di quindici dipendenti, di sospendere il dipendente assente, una volta trascorsi cinque giorni di assenza ingiustificata, in quanto privo di green pass, per la durata corrispondente del nuovo contratto di lavoro stipulato, rinnovabile fino al termine del 31 dicembre 2021, senza che ne derivino conseguenze sul piano disciplinare e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso. Da ultimo, rispetto ai dipendenti pubblici e privati, è stato introdotto l’art. 3bis in tema di scadenza delle certificazioni verdi nel corso della prestazione lavorativa. In tal caso la scadenza non genera l’applicazione delle sanzioni ma la permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro è consentita per il solo tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro.
Come sopra anticipato, purtroppo i nodi interpretativi che si auspicava venissero sciolti con la legge di conversione non sono stati risolti e tutt’ora rimangono zone oscure di difficile comprensione.
Avv. Pamela Negrini, Partner di LAETA.
Avv. Fabrizio Marescotti, Partner di LAETA.

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