Il Covid-19 e il rimborso IVA senza fermo amministrativo

  1. Premessa

Come previsto dall’art. 62 del DL 18/2020 (di seguito anche “Cura Italia”) tutti gli adempimenti tributari sono sospesi fino al 30 giugno 2020.

Tra questi, rientra sicuramente quello relativo alla presentazione della dichiarazione IVA, il cui termine originario scadrebbe il 30 aprile 2020.

Come si esporrà di seguito, per ottenere un rimborso indicato in dichiarazione, può essere richiesta una garanzia patrimoniale, la cui durata, e, quindi, il relativo costo, dipendono anche dai termini dell’accertamento.

Relativamente all’anno 2015, l’art. 67 del DL “Cura Italia”  ha prorogato di due anni i termini per effettuare gli accertamenti, le cui notifiche avrebbero dovute essere effettuate entro il 31 dicembre 2020 ed ora, invece, sono posticipate al 31 dicembre 2022 (tale termine dovrebbe essere eliminato in sede di conversione).

Se da un lato, quindi, la garanzia genera delle spese, dall’altro lato, però, come si vedrà di seguito, permette di evitare il fermo amministrativo.

Prima, però, di soffermarsi su tale istituto, si ritiene opportuno esporre brevemente l’istituto del rimborso IVA.

 

  1. Il rimborso IVA

Nel caso in cui dalla dichiarazione IVA emerga un credito superiore ad Euro 2.582,28, è possibile  chiedere il rimborso del relativo importo, se vengono soddisfatte determinate condizioni.

In particolare, tra le fattispecie indicate dall’art. 30 del DPR 633/1972, si elencano le seguenti:

  • effettuazione di operazioni attive con aliquota inferiore a quella degli acquisti;
  • effettuazione di operazioni non imponibili per un importo superiore al 25% del totale di quelle attive;
  • acquisto di beni ammortizzabili o di beni e di servizi per studi e ricerca;
  • effettuazione prevalente (superiore al 50%) di operazioni non soggette ad imposta per carenza del requisito di territorialità.

l contribuente, anche fuori dai casi sopra previsti, può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze.

Se l’importo del rimborso  è superiore ad Euro 30 mila (Euro 50 mila per soggetti con un ISA almeno pari ad 8), è richiesta l’apposizione del visto di conformità da parte di determinati professionisti, o, in alternativa, la presentazione a favore dell’erario di una garanzia patrimoniale, la quale è obbligatoria in determinati casi (esercizio di attività da meno di due anni, cessazione dell’attività, notifica di avvisi di accertamento e di rettifica relativamente a determinati importi).

Ai sensi dell’art. 38-bis del DPR 633/1972, la durata della garanzia prestata è al massimo pari a 3 anni a partire dalla data di erogazione del rimborso, ovvero, se inferiore, pari al periodo intercorrente tra la data di effettiva erogazione e il termine di decadenza dell’accertamento.

Su tale decadenza, come è stato anticipato in premessa, è intervenuto l’art. 67 del DL “Cura Italia”, che ha spostato di due anni i termini per effettuare gli accertamenti relativi all’anno 2015.

Pertanto, a seguito di questo allungamento, ci saranno dei costi superiori per i contribuenti che hanno presentato la relativa garanzia, malgrado l’art. 7 della L. 167/2017 riconosce una somma pari allo 0,15% dell’importo garantito per ogni anno di durata della garanzia.

In ogni caso, la presentazione della garanzia è opportuna al fine di evitare il fermo amministrativo.

A questo punto è necessario ricordare quali siano le norme che disciplinano l’istituto del fermo amministrativo.

 

3.      Il fermo amministrativo In merito al fermo amministrativo che potrebbe essere applicato a seguito di una richiesta di un rimborso IVA, una prima disposizione è contenuta nell’art. 69 del RD 2440/1923. Si tratta di una norma che introduce  un  generico  “fermo”  temporaneo dell’esecuzione di un pagamento a carico della Pubblica Amministrazione.  Ai sensi della predetta norma, tale misura è richiesta  dall’Amministrazione creditrice (fra  le  Amministrazioni  legittimate  è  espressamente  inclusa l’Agenzia delle entrate) alle altre Amministrazioni eventualmente  debitrici nei confronti del medesimo contribuente, le quali sono tenute  ad  eseguirla in attesa di un successivo provvedimento definitivo di  incameramento  o  di sblocco del pagamento oggetto del provvedimento cautelare. L’istituto  del  fermo  amministrativo  ha  carattere  generale   ed   è utilizzabile quando la pretesa creditoria della pubblica amministrazione non è ancora certa, liquida ed esigibile (Così Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 15 febbraio 2010, paragrafo 6.).Essendo idoneo a contrapporre qualunque  posizione  debitoria  pubblica certa a qualunque posizione creditoria pubblica non ancora certa, si  presta ad essere azionato in tutti i casi in cui, non  sono applicabili altre misure cautelari speciali, quali l’ipoteca o il sequestro conservativo che richiedono la notifica di determinati atti (Cfr. art. 22 del D.lgs. del 18 dicembre 1997, n. 472, e art. 27, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185.). Inoltre, vi è una norma specifica e successiva al citato art. 69, applicabile unicamente nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria: si tratta dell’art. 23 del D.lgs 472/1997 (cfr. sentenza della CTP di Reggio Emilia del 9 maggio 2019, n.114.02.19).

  1. La tesi erariale sul fermo amministrativo IVA

Con specifico riferimento alla sospensione dei rimborsi IVA, si ricorda che parte della giurisprudenza (Cass. n. 2893 del 2019) ha ritenuto illegittimo il fermo amministrativo ex art. 69, in quanto vi sarebbe una norma speciale, l’art. 38-bis del DPR 633/1972, che disciplina la relativa possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate, ma solamente in caso di contestazione di reati tributari .

Di diverso avviso, invece, l’Amministrazione finanziaria che ha sempre sostenuto che, per la sospensione dei rimborsi IVA, non siano applicabili esclusivamente le disposizioni specifiche ex art. 38-bis del D.P.R. 633/1972, ma anche le altre normative di carattere generale che si applicano a tutti tributi (così, ad esempio, Risoluzione n. 86/E del 12 giugno 2001).

La stessa Agenzia delle Entrate ha commentato la nuova normativa sull’esecuzione dei rimborsi IVA, di cui all’art. 38-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, alla luce delle novità introdotte dai decreti legislativi n. 156 e 158 del 24 settembre 2015 (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 22 luglio 2016, paragrafo 3).

Tra i chiarimenti che sono stati forniti, ve ne sono anche alcuni relativi alla possibilità concessa dagli Uffici di sospendere il rimborso IVA richiesto dai contribuenti.

In particolare, al paragrafo 2, viene ricordato che l’art. 16, comma 1, lett. h) del Decreto legislativo n. 158 del 2015, recante la riforma del sistema sanzionatorio, ha modificato il comma 1 dell’art. 23 del Decreto legislativo n. 472 del 1997, ampliando il campo di applicabilità della sospensione e della compensazione dei rimborsi.

Con la modifica apportata dal citato Decreto legislativo n. 158, secondo l’Agenzia delle Entrate viene prevista la possibilità di sospendere e, in caso di provvedimento definitivo, compensare il credito chiesto a rimborso ai fini IVA, non solo con gli importi dovuti a titolo di sanzioni, come disposto dal testo previgente dell’art. 23, ma con tutti gli importi dovuti in base all’atto (imposta e interessi).

Pertanto, nel caso di atti, ancorché non definitivi, relativi a tributi, sanzioni e interessi, il rimborso del credito potrebbe essere temporaneamente sospeso e, una volta che l’atto sia divenuto definitivo, il credito potrebbe essere compensato. In alternativa, potrebbe essere richiesto al contribuente di garantire i carichi pendenti mediante presentazione di una fideiussione a tempo indeterminato.

Inoltre, al paragrafo 3, l’Agenzia si occupa dell’applicabilità ai rimborsi IVA del fermo amministrativo di cui all’art. 69 del regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440.

In particolare, viene precisato che il fermo amministrativo, quale istituto di carattere generale nell’ambito della contabilità pubblica, può trovare applicazione esclusivamente in via residuale, in tutte quelle ipotesi nelle quali non siano utilizzabili gli specifici strumenti di tutela del credito erariale disciplinati dalla normativa tributaria, quali: la sospensione di cui all’art. 23 del Decreto legislativo n. 472 del 1997 o la sospensione di cui al comma 8 dell’art. 38-bis nei casi di fattispecie penalmente rilevanti.

Inoltre l’Agenzia delle Entrate afferma specificatamente che il fermo amministrativo costituisce un provvedimento di natura cautelare diretto alla tutela delle ragioni di credito delle amministrazioni statali.

 

  1. La tesi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

Malgrado ci sia parte della giurisprudenza che ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate (Cass. n. 4038 del 2019), recentemente sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali, si sono pronunciate a seguito del  provvedimento del 20 giugno 2019, n. n. 16567, con la quale la stessa Suprema Corte ha rinviato gli atti al Primo Presidente, affinché valutasse la rimessione alle stesse Sezioni Unite al fine di risolvere l’annosa questione se l’Amministrazione Finanziaria possa o meno procedere al fermo amministrativo con riferimento ad una richiesta di un rimborso di un credito IVA.

In particolare, è stato chiesto:

  1. se, in caso di richiesta di rimborso di un credito IVA, l’amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto fideiussione dalla parte contribuente ai sensi dell’art. 38-bis, comma 1, DPR n. 633/1972, possa fare uso dello strumento cautelare di cui all’art. 23, comma 1, DLgs. n. 472/1997, ovvero anche di quello previsto dall’art. 69 RD n. 2440/1923, ove contesti al creditore un controcredito derivante dall’irrogazione di sanzioni, nella specie conseguenti ad imposte non armonizzate;
  2. se l’art. 23, comma 1, DLgs. n. 472/1997 trovi applicazione in caso di atto di irrogazione delle sanzioni che sia stato annullato non definitivamente.

Va  ricordato che la versione “ratione temporis” dell’art. 23, comma 1, DLgs. n. 472/1997, prevedeva la sospensione del rimborso di un credito in caso in cui venisse notificato al contribuente atto di contestazione o di irrogazione di sanzione. La formulazione attuale, invece, così come modificata, stabilisce che il pagamento può essere sospeso, non solo in caso di atti di contestazione o di irrogazione di sanzioni, ma anche in caso di atti accertamento di maggiori tributi.

Ad ogni buon conto, con riferimento al primo punto, con la pronuncia del 31 gennaio 2020 n. 2320, le Sezioni Unite hanno sancito che, in caso di richiesta di rimborso di un credito IVA, l’amministrazione finanziaria, che abbia chiesto e ottenuto garanzia dal contribuente in base all’art. 38-bis, co 1, DPR n. 633 del 1972, non può fare uso, durante il periodo di vigenza di detta garanzia, degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, co 1, del DLgs. n. 472 del 1997 e 69 del RD n. 2440 del 1923.

In merito al secondo quesito, è stato stabilito che, nel caso in cui un atto di irrogazione delle sanzioni sia stato annullato in tutto o in parte con sentenza anche non definitiva cessa di avere efficacia il provvedimento di sospensione del pagamento del credito vantato dall’autore della violazione o dai soggetti obbligati in solido nei confronti dell’amministrazione finanziaria emesso ai sensi dell’art. 23, comma 1, DLgs. n. 472 del 1997.

Pertanto, nel caso in contribuente decida di presentare la garanzia, anche se, per i motivi sopra indicati, può risultare un adempimento più oneroso rispetto ad altri, è evidente che lo stesso permette di evitare il rischio di un fermo amministrativo.

di Fabio Gallio©  articolo pubblicato sulla rivista Il Commercialista Telematico

Cultore di diritto tributario, pubblicista, revisore legale, Studio Terrin Padova e Milano, partner LAETA Consulting SB

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