L’impatto della pandemia sui contratti di fornitura agli esercizi di vendita al dettaglio: forza maggiore, impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione?

La diffusione del virus COVID-19 in Italia sta generando consistenti difficoltà di tipo produttivo, commerciale, tecnico e logistico per le aziende presenti sul mercato, che rendono estremamente difficoltoso, se non impossibile, per le stesse, il puntuale adempimento delle reciproche obbligazioni contrattuali. Da qui i tantissimi contenziosi in corso, in esponenziale aumento.

Il DPCM del 11.03.2020, attuativo del D.L. 23.02.2020 n. 6, infatti, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del predetto virus, ha disposto, tra le altre, la sospensione delle attività commerciali al dettaglio (ad esempio negozi di abbigliamento, profumerie, librerie ecc..), fatta eccezione per le attività’ di vendita di generi alimentari e di prima necessità, sia nell’ambito degli esercizi commerciali cd. “di vicinato”, sia nell’ambito della media e grande distribuzione.

Ci si domanda, quindi, se la diffusione del coronavirus  e l’emissione dei provvedimenti restrittivi, assunti dal Governo ed in via di emissione, consentano di ritenere giustificati gli inadempimenti contrattuali da ciò determinati e, in particolare, se sussistano “impossibilità” e/o “cause di forza maggiore” tali da escludere la responsabilità contrattuale ed il conseguente risarcimento del danno a carico del soggetto inadempiente.

Vediamo, brevemente, le singole fattispecie configurabili.

 

FORZA MAGGIORE

L’ordinamento giuridico italiano è privo di una specifica norma che definisca in modo univoco e preciso il concetto di forza maggiore.

Secondo dottrina e giurisprudenza, vi è “forza maggiore” in caso di eventi naturali e umani (calamità naturali, terremoti, uragani, guerre, scioperi nazionali, incendi ecc.) che, per la loro imprevedibilità e straordinarietà, sono “al di fuori dal controllo delle parti”.

In presenza di una causa di forza maggiore, se dimostrata, il contraente inadempiente è liberato da responsabilità e dal risarcimento del danno.

 

IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE

Ai sensi dell’art.1256 c.c. l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.

Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Si ritiene che vi sia impossibilità della prestazione per “factum principis” quando sopraggiungano provvedimenti di legge o di carattere amministrativo emessi dalle competenti Autorità, governative o ministeriali, che, per tutelare l’interesse pubblico, impongono prescrizioni comportamentali o divieti che rendono impossibile la prestazione dell’obbligato indipendentemente dalla sua volontà.

Occorre tuttavia prestare attenzione, perchè secondo la giurisprudenza ciò non vale nel caso in cui: (i) il factum principis sia ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto della sottoscrizione del contratto e (ii) il debitore non abbia tentato di percorrere tutte le soluzioni alternative astrattamente possibili che gli si offrivano per superare i limiti imposti dai provvedimenti (chiaramente nel pieno rispetto della legge), e sempre che ciò comporti un sacrificio ragionevole per il debitore stesso.

 

ECCESSIVA ONEROSITA’ DELLA PRESTAZIONE

A norma dell’art. 1467 c.c., nei contratti ad esecuzione continuata, periodica, o differita (c.d. contratti di durata, tra questi la somministrazione), nel caso in cui la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa a causa del verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto.

L’eccessiva onerosità (secondo una valutazione rimessa al giudice) deve essere sopravvenuta rispetto al momento della stipula dell’accordo e risulta irrilevante se chi la invoca è già in ritardo con il suo adempimento: ed è quindi già “in mora”.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale la risoluzione è domandata, può evitare la risoluzione offrendo di modificare equamente, in termini ragionevoli,  le condizioni del contratto.

 

RESPONSABILITA’ DEL DEBITORE E CAUSA NON IMPUTABILE: art. 1218 c.c.

Ai sensi dell’art. 1218 c.c., il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Pertanto, al fine di esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte, il debitore deve provare che l’inadempimento è stato determinato da “causa a sé non imputabile”;  la quale causa è costituita non già da ogni fattore a lui estraneo che lo abbia posto nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo, bensì solamente da quei fattori che, da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di adempiere e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo.

 

DISPOSIZIONI STRAORDINARIE IN MATERIA DI RITARDI O INADEMPIMENTI CONTRATTUALI: l’art. 91 D.L. 17.03.20 n. 18, c.d. “Decreto Cura Italia”

Le disposizioni contenute nel comma 1 dell’art. 91 del D.L. c.d. “Cura Italia”, attraverso un’integrazione al precedente D.L. 6/2020, prevedono che il rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 è sempre valutata ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore per inadempimento o ritardo ai sensi dell’art. 1218 c.c.; e ciò anche ai fini di eventuali decadenze o penali, connesse ai ritardati o omessi adempimenti.

 

CONCLUSIONI

Alla luce del complesso quadro giuridico sopra descritto e della novità assoluta dell’emergenza epidemiologica che il nostro Paese sta vivendo, non è scontato stabilire se, su un piano normativo civilistico,  l’ “emergenza CV.19” in sé o le misure restrittive adottate dalle Autorità al riguardo, possano costituire valida causa di forza maggiore o di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte, in particolare dalle imprese al dettaglio oggetto di “chiusura per espressa disposizione normativa”.

Noi riteniamo che, anche per effetto della dichiarazione di Pandemia avvenuta in data 11 marzo u.s. ad opera dell’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ed alla luce delle disposizioni da ultimo richiamate (art. 91 del D.L. 18/20), le esimenti dell’impossibilità e della causa di forza maggiore possano essere invocate ed applicate con maggiore facilità rispetto al diverso caso della eccessiva onerosità.

Ciò detto, con riferimento specifico ai negozi (attività commerciali di vendita al dettaglio) con attività commerciale sospesa dal DPCM del 11.03.2020 , allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del Codiv-19, ove gli ordini relativi alla merce consegnata e da consegnare al negoziante rivenditore siano stati sottoscritti con il suo  fornitore  antecedentemente all’adozione delle restrizioni adottate dal Governo ed in epoca in cui non era ragionevolmente e facilmente prevedibile l’evento epidemiologico, si ritiene che vi siano elementi tali da poter sostenere la sussistenza di cause di esonero di responsabilità per inadempimento contrattuale (quanto meno a carattere temporaneo).

Il tutto, ovviamente, con riserva di approfondimento e necessaria verifica, cha va fatta caso per caso,  circa l’esistenza di specifiche clausole contrattuali nell’accordo di fornitura, circa le modalità di esecuzione della prestazione rispetto al segmento di mercato di riferimento, ecc..

Nella grandissima parte dei casi occorrerà attivarsi con premura, chiedendo preliminarmente l’accesso ad una negoziazione con la controparte che non necessariamente darà però un esito positivo.

In caso di insuccesso, occorrerà allora percorrere la via contenziosa giudiziale o arbitrale.

di Andrea Montanari ©Avvocato del foro di Bologna,Cofondatore e managing coordinator LAETA Consulting  S.B., Promotore progetto LAETA emergenza CV-19

Pamela Negrini e Teodoro Sinopoli ©, Avvocati civilisti del foro di Bologna, Referenti Ufficio studi progetto LAETA emergenza CV-19

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