Virus, finanza ed effetti collaterali: una trama di correlazioni

Gli ottimisti parlano di “effetto Fenice”; di ricostruzione dopo la devastazione, di energica ripartenza. Non conosco circostanze che si prestano per analogia a spiegare quello che sta succedendo alle nostre città, dentro la fragile sovrastruttura politica comunitaria, in un mondo frastornato. Chi si sforza di interpretare i fatti, prende spunto da avvenimenti in qualche modo secolarizzati, come le pestilenze nella cronaca della storia, le guerre nella memoria degli ultimi veterani, la caduta di un meteorite nelle coloriture della fantascienza. Ciascuno parla per quello che conosce e più, come nel mio caso, per quello che vede: gli ingranaggi della finanza raccontano qualcosa che forse non esaurisce gli argomenti di cui si dibatte, ma forniscono informazioni utili per allargare il campo dell’opinione. Uno dei settori certamente profittevole è la cosiddetta “medicina di proiezione”; consistenti investimenti futuribili per sostenere lo studio della materia biologica in tutte le sue espressioni virali: base di conoscenza per potenziali progetti di ricerca, di simulazione e di produzione sintetica.

Lo scopo è speculativo e le applicazioni non si limitano alle industrie civili, ma spesso sconfinano nelle disponibilità militari. È possibile che esista un catalogo di prodotti da laboratorio che insegue o precede le forme spontanee che prendono vita in natura; chi alimenta le tesi di complotto sarà propenso ad attribuire intenzioni, belligeranti e distruttive, a circostanze tra loro non perfettamente correlate, né comprovate. Magari enfatizzando le coincidenze, attribuendo loro un particolare significato a certi accadimenti in uno spazio temporale; si tratta dell’ultimo passo, quello della diffusione di massa di una congettura che diventa notizia: in assenza di legittime e convincenti spiegazioni, tesi semplificate sobillano nelle platee online veementi passioni di indignazione.
Scambiando opinioni con un mio laureato di 12 anni fa (uno dei mestieri che ho abbandonato) abbiamo rispolverato qualche datato esempio scolastico che ero solito utilizzare a commento dei grandi complotti finanziari: i fondi di investimento più aggressivi hanno come unica missione quella di governare informazioni ed utilizzarle in modo ferocemente razionale. Per restare al caso in oggetto, supponiamo che scorso autunno da qualche parte fosse disponibile l’indicazione di una potenziale pandemia e che player disinibiti abbiano deciso di scommettere sul crollo delle borse; quello è il loro facile mestiere di attaccanti, avendo di certo migliori risorse per farlo di coloro che invece giocano in difesa. È pur vero che le grandi operazioni di lobbying finanziario hanno la caratteristica di non lasciar traccia, di far credere che le cose siano accadute per moto naturale; altrettanto però sarebbe precipitoso sostenere che tutte le cose che accadono per inerzia abbiano una mano invisibile che le guida. Non voglio togliere terreno alle dietrologie, né diventare legittimista di opache manovre corporative; mi preme soltanto affermare un concetto del quale sono ragionevolmente convinto: chi utilizza l’informazione in questo aperto contesto planetario non ha la capacità di crearla. La raccoglie precoce e la valorizza, quando riesce, anche a discapito della collettività. Creare informazione con questo impatto, ovvero organizzare la concatenazione di eventi di questa scala dimensionale, richiederebbe invece una forza finanziaria e politica assolutamente fuori portata, anche per una congiura tra stati sovrani litigiosi: sarebbe come ipotizzare che chi ha piazzato nel 2015 la scommessa sul Leicester vincitore della Premier League abbia anche potuto corrompere il gioco del calcio per far uscire il risultato desiderato.

Per quanto grande sia il profitto di un investimento ostile, non è conseguente affermare che il promotore disponga del rapporto di forza necessario a catturare l’intero sistema. Il mercato è un vasto luogo sanguinario ma a suo modo onesto ed indipendente, dove si monetizza la spietatezza delle asimmetrie informative, tra chi le cose le sa e chi no, tra chi è tempestivo ad assecondare e chi subisce le conseguenze. Detto questo, nessuna ipotesi maliziosa può davvero essere dismessa e ciascuno potrà alimentare la propria convinzione; si prenda però atto di quanto l’attuale emergenza sanitaria sia una sciagura di sconfinate dimensioni, la cui profonda conseguenza è destinata a stravolgere le abitudini e gli stili di vita, nonché a sradicare i fondamenti dell’economia per come la conosciamo. Tendo per questo a credere che sia un fenomeno spontaneo, un assestamento di Madre natura sorniona e spazientita, scoppiato sul crinale della malasorte e diffuso della colpevole imperizia del bipede più intraprendente del pianeta.

Di Sandro Serenari/Ss ©, Economista

Photo by Sean Pollock on Unsplash

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